26 agosto 2025 – Il Gruppo Grimaldi, in risposta agli articoli apparsi su alcuni organi di stampa riguardo il rischio per la stagione di “porto modello” a Trieste, respinge recisamente i contenuti delle dichiarazioni riportate da Shipmag e attribuite a Samer secondo cui “MIT e ADSP intimano a DFDS di fare spazio ai traghetti Grimaldi.”
La concorrenza è essenziale per
garantire al mercato competitività e opportunità di scambi commerciali a
condizioni favorevoli, come anche per permettere ai consumatori finali di
acquistare beni e servizi alle migliori condizioni. Il Gruppo ritiene che
l’ingresso di un operatore del suo calibro, che impiega le migliori navi in
termini di tecnologia e capacità, possa solo portare beneficio al porto di
Trieste, all’Italia e all'Europa, considerato che la maggior parte dei volumi
in arrivo a Trieste sono destinati al centro Europa.
Un plauso, quindi, dovrebbe essere
rivolto al Gruppo Grimaldi per aver interrotto il monopolio che esisteva tra il
porto di Trieste e l'area commerciale di Istanbul/Marmara. È, infatti,
opportuno chiarire che Alternative
Roro non era più da molto tempo un concorrente di DFDS, essendo stata
acquisita proprio da quest'ultima. Mentre Ulusoy serve solo la zona di Çeşme, a 600 km da
Istanbul, e pertanto non può essere considerata una vera e
propria concorrenza. Di fatto, bastano questi dati a dimostrare che prima
dell’arrivo del Gruppo Grimaldi vigeva su Trieste un vero e proprio monopolio
di DFDS.
Tale monopolio si è consolidato non
solo in modo orizzontale con l’acquisizione di Alternative Roro (ad un prezzo molto più alto del
valore di mercato), ma anche in maniera verticale, ossia
alzando le barriere all’ingresso e acquisendo a prezzi molto più
alti del valore di mercato aziende leader in Turchia nel settore della
logistica e dei trasporti, come Ekol,
eliminando implicitamente la possibilità per queste aziende di imbarcare
con il Gruppo Grimaldi. Mosse, queste, chiaramente anti-concorrenziali.
Nonostante l'aumento dell'impiego di
navi nelle linee Italia-Turchia, il mercato è cresciuto solo del +5%, il che
dimostra che DFDS, pur avendo un terminal a Trieste, lasciando la metà degli
ormeggi e delle banchine vuote nel proprio terminal, non ha sfruttato appieno
le proprie potenzialità pur di creare un boicottaggio nei confronti del
Gruppo Grimaldi. DFDS dispone di tutto lo spazio necessario per
operare nel terminal Samer di Trieste, ma continua a inviare le proprie navi al
terminal PLT per ostacolare il traffico del Gruppo
Grimaldi, generandovi congestione e confusione con lunghe file di attesa
di camion, che infondatamente pretende di addebitare alle navi Grimaldi.
Nonostante questo vero e proprio
fuoco di sbarramento, il Gruppo Grimaldi è riuscito a conquistare negli
ultimi mesi circa il 45% del mercato Italia-Istanbul/Marmara, area in cui
DFDS aveva il monopolio. Ecco la vera ragione delle polemiche.
Il Gruppo Grimaldi non solo sta offrendo
al mercato l'opportunità di imbarcare a tariffe competitive grazie alle
sue migliori navi dotate delle tecnologie più avanzate, ma sta anche
contribuendo a generare efficienze e economie di scala per
l'intero settore e a ridurre le emissioni di CO2. Inoltre, grazie
a tale capacità, potrà sempre essere più efficiente e competitivo a livello di
noli rispetto al concorrente, proprio grazie alle navi della classe ECO, che
consumano la metà per unità trasportata.
La
quota del mercato Italia-Turchia del Gruppo Grimaldi, pari al 40% nel 2024, anno
di avvio dei servizi della compagnia, era precedentemente movimentata da DFDS
nel proprio terminal di Trieste. Oggi, fare concorrenza sleale al gruppo
partenopeo utilizzando le banchine del terminal PLT anziché le proprie, pur
disponibili, oltre che boicottando in ogni modo le autorizzazioni da esso
chieste in Turchia non è il comportamento che ci si aspetta da un gruppo
importante e consolidato come quello danese. Che, peraltro, nel primo semestre
del 2025 ha visto peggiorare il proprio risultato di Euro 90
milioni registrando un valore di goodwill di circa Euro 1,3 miliardi, che
se sottoposto ad un impairment entro la fine dell’esercizio, potrebbe
convertirsi in una possibile perdita di circa 1 miliardo di euro.