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Il Codice della Navigazione: cenni storici - di Alfonso Mignone


Lo studio e l’applicazione sul campo del diritto marittimo non può prescindere dall’evoluzione storica che tale disciplina ha avuto nel corso dei secoli. Un ruolo di primo piano per la formazione di un diritto marittimo uniforme è stato senza ombra di dubbio svolto dalla Tabula de Amalpha che cito in quanto patrimonio storico e culturale della mia terra natìa, rappresentò, insieme agli altri Statuti Marittimi medievali in vigore nella penisola, un’autorevole guida per la regolamentazione dei traffici nel bacino del Mediterraneo, dell’apposizione di clausole applicate ai contratti marittimi nonché la risoluzione delle controversie marittime nei secoli a venire. La sua importanza storica è da attribuirsi al contributo che questa diede alla formazione di una legislazione marittima uniforme. Ma nonostante abbia svolto un ruolo pioneristico nell’evoluzione del diritto marittimo, la Tabula non è da considerare un codice nel senso letterale del termine ma perlopiù una raccolta di usi e costumi di mare che dettava tutto ciò che riguardava e interessava la navigazione: le controversie, il prezzo dei noli, gli obblighi del capitano e dei marinai, l’indennizzo in caso di perdita della merce, i cambi marittimi, la compartecipazione agli utili, i compensi dei rischi di mare, le avarie, l’armamento, l’abbandono del bastimento, delle merci in caso di pericolo e formava parte integrante dell’ordinamento giuridico della repubblica marinara di Amalfi. Per quanto concerne la disciplina del diritto marittimo italiano bisogna ricordare che fu napoletano il primo tentativo di codificare il diritto marittimo, dapprima con Carlo III di Borbone, che preannunciò un codice nella Prammatica "De nautis et portibus", e successivamente con Ferdinando IV, che dette incarico al giurista Michele De Jorio di redigere un codice della navigazione di respiro internazionale, destinato a divenire una pietra angolare della legislazione regolante il commercio marittimo e tutti i rapporti privatistici e pubblicistici ad esso inerenti. L'opera fu realizzata nel 1781 con il titolo provvisorio di "Codice Ferdinando", ma purtroppo rimase incompiuta poiché travolta dai noti sconvolgimenti politici di fine secolo. Ciò nonostante essa resta un cardine della scienza giuridica in materia. La prima traccia riguardo la regolamentazione ufficiale dei traffici marittimi in epoca borbonica va fatta risalire a questo: “Reale editto, o sia regolamento per la navigazione de’ bastimenti mercantili de’ 18 agosto 1741” emanato da Carlo III e seguito successivamente dal "Reale editto" del 1759. Questi due editti dovevano avere durata transitoria fino a quando non fosse stato pubblicato uno “speciale codice” la cui compilazione fu affidata alla fine del 1779 al procidano Michele de Jorio che terminò l’opera nel 1781, il così detto Codice Ferdinando.
 Avv. Alfonso Mignone 
 (Il saggio completo sull’edizione di Agosto di PORTO&diporto)

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