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Sinergie nel cluster navale per la sicurezza marittima


Il tragico incidente accorso alla Sea Empress nel porto di Milford nel 1996 indusse l’Inghilterra ad adottare nel 2000 il Port Marine Safety Code, un unico sistema di gestione della sicurezza basato, tra
l’altro, sulla valutazione di tutte le attività che si svolgono in ambito portuale, sia a mare, sia a terra. Definendo ruoli e responsabilità di tutti i protagonisti della filiera il codice supera le eventuali conflittualità regolamentari che spesso distinguono l’approccio “terrestre” da quello della navigazione. Una “buona prassi” che potrebbe essere estesa, tenendo conto delle peculiarità di due modelli pur molto affini, anche alla portualità italiana per definire, tramite l’analisi puntuale della gestione del rischio, “le procedure da adottare in caso di emergenza, ad esempio in presenza di un improvviso default di un impianto di bordo e/o di terra”.
 Sono alcune delle sollecitazioni che arrivano da uno dei quattro progetti dedicati alla sicurezza marittima presentati a Napoli dall’Istituto Italiano di Navigazione. Scopo dell’iniziativa, promossa e coordinata dall’ente guidato da Giosue Grimaldi, con il sostegno della Camera di Commercio e il coinvolgimento dell’Università Parthenope, oltre che di vari enti istituzionali e di ricerca, lo sviluppo di idee innovative su una questione delicata e centrale per la crescita dei traffici marittimi. In attesa, con la chiusura della prima fase progettuale, i cui risultati sono stati presentati in un convegno lo scorso 11 dicembre, di poter inaugurare quella delle applicazioni pratiche.
 “Le attività marittime sono essenziali per il sistema produttivo territoriale,” conferma il vice presidente della Camera di Commercio di Napoli, Alessandro Limatola. “Collaboriamo con l’Istituto Italiano di Navigazione già da qualche anno, apprezzandone le competenze di tipo internazionale, ed abbiamo aderito e seguito fin da subito e da vicino lo sviluppo di questo enorme lavoro che va nella direzione di interventi utili per il sistema delle imprese. Continueremo senz’altro il percorso inaugurato con questa iniziativa impegnandoci, compatibilmente con i nuovi perimetri di bilancio stabiliti dalla legge, a sostenere sia le fasi successive di sviluppo dei progetti già in cantiere sia eventuali nuove proposte”. 
L’individuazione delle problematiche specifiche da approfondire è nata da un approccio dal “basso”, con una serie di interviste a operatori e protagonisti del comparto marittimo. Da qui, nella tradizione multidisciplinare dell’IIN, la selezione delle idee che, oltre all’utile lavoro di confronto con le esperienze internazionali circa le regole e le procedure che sovraintendono alle operazioni portuali, contemplano proposte per un sistema di comunicazione unificato tra gli enti del cluster marittimo; la realizzazione di una piattaforma informatica per la trasmissione di notizie utili ai diportisti; l’utilizzo di droni per l’individuazione di persone disperse in mare.
 “Sembra strano ma ad oggi – spiega il presidente dell’IIN – non c’è alcuno strumento per comunicare in modo contestuale agli enti interessati il manifestarsi di una criticità lungo la filiera delle attività portuali”. Da qui la l’intenzione di realizzare un “ambiente informatico comune” dove gli operatori del cluster possono fornire e ricevere dati utili alla proprie attività di gestione. Un esempio: per le unità passeggeri sarebbe di grande utilità la conoscenza della compartimentazione degli ambienti. “Nel malaugurato caso della necessità di un intervento esterno fornirebbe un elemento determinante per accrescere l’efficacia delle operazioni e la sicurezza complessiva del sistema”.
Giovanni Grande

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