Questo il volume di merci che l’anno scorso è passato dai porti italiani nell’interscambio commerciale con i paesi esterni all’Europa. Una quantità rilevante, che segna tuttavia un calo del 10% rispetto all’anno precedente e una netta inversione di tendenza per i nostri porti, tornati ai peggiori anni di crisi, quando
avevano perso un quinto del loro import-export. Una quantità rilevante non sufficiente a mantenere il primo posto in Europa, a lungo nostro appannaggio, dato che altri (Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna) ora ci sopravanzano. Che le quantità maggiori di merci transitino per i porti olandesi e non per quelli dell’Italia, il cui prodotto interno lordo è ben maggiore, per di più legato ad una economia di trasformazione che importa ed esporta grandi volumi, è una ulteriore prova dell’importanza di avere al servizio dell’industria una logistica eccellente: e questa pare, purtroppo, la realtà più dei porti nord-europei che di quelli italiani.
Anche l’economia marittima, dunque, mette in evidenza la necessità che l’Italia operi ormai una scelta tra il limitarsi ad un lento declino industriale e logistico, che faccia del nostro Paese soprattutto la destinazione preferita del turismo internazionale (il nostro paese si qualifica come la prima destinazione crocieristica europea, con un impatto evidente sulle attività turistiche: non a caso le mete più gettonate sono i porti delle nostre città d’arte, come Civitavecchia per la capitale, o Venezia), oppure se mantenere invece accanto a questo ruolo – che pure ha risvolti economici di primo piano – anche quello di grande centro manifatturiero e di esportazione: un ruolo che l’Italia si è guadagnata con l’abilità, la dedizione, il coraggio della nostra gente e che sarebbe davvero un peccato perdere. Ma, per mantenere una posizione industriale di avanguardia, è sempre più necessario un adeguato sviluppo delle infrastrutture e della logistica, in modo da assicurare trasporti celeri, efficaci ed economici tra le aree produttive nazionali od europee e quella grande porta sul mondo che è il mare.
Accanto ai porti, è bene pensare alle navi. La nostra flotta è cresciuta e si è ammodernata ancora: l’anno passato raggiungeva circa 19 milioni di tonnellate di stazza lorda, un dato che ci pone al primo posto tra i grandi stati industriali europei e al quarto tra tutte le bandiere dell’Unione. Negli ultimi dieci anni sono state 495 le navi consegnate agli armatori italiani, per una quota pari al 54% della flotta. Solo negli ultimi cinque anni, nonostante il calo di ordini verificatisi in quelli più recenti, gli investimenti italiani in nuove unità hanno segnato il valore di 20 miliardi di dollari. Non sono molti i settori industriali italiani in cui gli imprenditori hanno investito tanto.
Carlo Lombardi
Segretario Generale Federazione del Mare
(leggi l’articolo completo su PORTO&diporto Giugno 2014)
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