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Gli impatti delle normative per la transizione ecologica sul trasporto

 

Gli impatti delle normative per la transizione ecologica sul trasporto


3 aprile 2024 - Nell’ambito della mattinata di #SFLMI24 dedicata a Esg, digitalizzazione e semplificazione sono stati indagati gli impatti delle normative per la transizione ecologica sulle imprese e la loro governance. Luca Bergonzoli, transition manager di Laghezza spa, ha parlato di governance e degli effetti della transizione ecologica sulla gestione aziendale. 

«Molte delle pratiche previste dalle normative sono già patrimonio delle aziende, ma dobbiamo chiederci se stiamo facendo un’operazione di facciata o per ragioni di competitività e opportunità – ha detto Bergonzoli – nella nostra attività di doganalisti, l’impatto maggiore sarà legato all’abbattimento delle emissioni sui trasporti e sui magazzini, ma ciò che non si vede è il lavoro di riorganizzazione dei processi e, almeno in parte, ristrutturazione aziendale, con la creazione di nuovi ruoli, posizioni, competenze». Secondo il manager di Laghezza, una delle cose più complesse sarà capire quali tendenze emergeranno: «Stiamo cercando di capire come implementare questi nuovi strumenti e come farlo in modo efficiente, non nascondo che staremo alla finestra per capire quali tecnologie verranno utilizzate, per esempio, quale sarà il carburante prevalente. Sbagliare il rinnovo della flotta, significa rischiare di chiudere bottega».

Andrea Condotta, vicepresidente di 2ZERO e membro del direttivo di Alice, ha spiegato quanto scarsa sia attualmente la componente di green-fuel utilizzata dell'autotrasporto (con un incremento di solo il 2% dal 2011), per due motivi: pochi clienti richiedono sostenibilità e sono disposti a pagare per essa e, quando accade, non sempre c’è disponibilità nei luoghi e nei tempi richiesti.

 «Ma c’è anche un tema di trasparenza: non sappiamo cosa c’è nei camion, perché il controllo che dovrebbe esistere lungo tutta la catena, fino al claim di sostenibilità finale, si ferma alla pompa – ha spiegato Condotta – perciò le aziende che investono in sostenibilità si trovano a competere con altre che operano in maniera meno corretta». 

Secondo Condotta, nonostante gli ostacoli tecnologici e burocratici, servirà un sistema di Book & Claim che permetta di controllare e certificare le quote che vengono prodotte e consumate, ma discussione su come rendere sicura e certificata questa custody chain è un punto tuttora in essere.

Lorenzo Facco, senior manager di Deloitte Sustainability, ha descritto gli impatti dell’espansione del sistema Eu Ets per le imprese del trasporto marittimo. «Negli Ets ci sarà la necessità di ridurre ulteriormente le emissioni dal 2024, per tenere il passo con gli obiettivi e anche chi lavora in deroga, dovrà comunque mantenere il monitoraggio delle emissioni – ha spiegato Facco – le società nella lista emessa a febbraio dovranno fornire i dati sulle emissioni della propria flotta, con procedure e dinamiche molto complesse in base anche alle rotte percorse. Queste emissioni andranno coperte con acquisti di quote Ets su un conto di trading o di custodia dedicato».

La seconda giornata di lavori si è aperta con una sessione dedicata alle tematiche Esg, alla digitalizzazione e alla semplificazione. Il moderatore Daniele Testi, presidente di SOS-LOGistica e ceo di Piano 23 - sustainability advisory as a service con un rapido sondaggio in sala ha evidenziato come le aziende abbiano ancora difficoltà a trasformare gli obiettivi richiesti dalle normative in azioni concrete.

I principi Esg presenti nelle direttive europee sono stati illustrati da Marco Lenti, partner dello Studio Legale Mordiglia: la numero 659 del 2023 ha esteso lo schema Ets al settore marittimo e si basa sul principio chi inquina paga. “Le compagnie di navigazione devono restituire le Eua, ossia le quote di emissione, sufficienti a coprire le varie percentuali. C'è però un problema giuridico perché il soggetto responsabile è la compagnia di navigazione e non considera il noleggiatore a tempo”. Le compagnie dovranno aprire un conto di gestione delle Eua, che si possono acquistare o attraverso un'asta o con trading tra le parti. A livello europeo inoltre ci sono altri regolamenti che impongono un limite crescente all'intensità di gas a effetto serra da qui al 2050 e con la modifica alla FuelEu maritime entro il 2030 le navi passeggeri e container avranno l'obbligo di usare l'alimentazione elettrica a terra (Ops).

Fabrizio Vettosi, chairman Shipping Finance WG, ECSA evidenzia però che in cinque anni sono stati emessi 12 provvedimenti in materia di green shipping totalmente disarmonici.

 “Non c'è una visione comprensiva e molto spesso c'è contraddizione. Spesso sono scritti da accademici”. Vettosi mostra che la quota di porti in Europa dotati di Ops sono solo 56, il 3% e meno del 5% di navi convenzionali ha la possibilità di agganciarsi: “Così è chiaro che il processo sarà molto graduale. Non possiamo buttare via tutta la flotta attiva. Bisogna prendere coscienza che gli obiettivi scritti nelle norme sono irrealizzabili. Tuttavia dal 2008 lo shipping, autonomamente, è riuscito a ridurre le emissioni per unità trasportata del 45% e per capacità di trasporto del 62%”.

Quando si parla di Esg spesso ci si ferma alla E di Environment, ma Serena Carassale, corporate Esg and Sustainability Specialist di TARROS S.p.a. mostra quanto la compagnia marittima tenga anche alla s di sociale:

 “La priorità è l'equilibrio tra vita e lavoro. Abbiamo una piattaforma welfare con convenzioni con asili nido e rsa, nei primi 3 anni di vita di un figlio i dipendenti hanno la possibilità di scegliere l'orario di lavoro”. Sul fattore ambientale l'azienda ha instaurato per esempio un sistema di monitoraggio delle emissioni. “Inoltre – aggiunge Carassale – visto che non possiamo ridurle a zero abbiamo scelto di lavorare con crediti di carbonio certificati a livello globale. Il cliente Tarros può avere un viaggio non carbon neutral, ma carbon compensated”.

 


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