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Confindustria e SRM presentano il Check-up Mezzogiorno




22 dicembre 2020 – L’Indice Sintetico dell’Economia Meridionale continua a scendere e registra, nel 2020, secondo le stime preliminari, un calo di oltre 40 punti rispetto all’anno precedente, il più basso registrato a partire dal 2007. Gli effetti recessivi della pandemia sul PIL nel 2020 si prevede che siano appena meno pronunciati nel Sud (-9%) rispetto al Centro-Nord (-9,8%), ma comunque consistenti; per il 2021 e 2022 la ripresa del Mezzogiorno si prospetta invece sensibilmente più debole (rispettivamente +1,2% e +1,4%) rispetto al Centro-Nord (+4,5% e +5,3%). 

Alcune variabili evidenziano però anche una capacità di “resilienza” dell’economia meridionale, sulla quale puntare la ripresa, accelerando l’impiego delle risorse UE già disponibili e di quelle programmate già dall’anno prossimo. È questa la sintesi che emerge dal Check-up Mezzogiorno sulla congiuntura del 2020, elaborato da Confindustria e SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo). 

La pandemia continua a produrre effetti preoccupanti sul sistema socioeconomico del Mezzogiorno: tutti gli indicatori che compongono l’Indice Sintetico dell’Economia Meridionale registrano una contrazione significativa (PIL, investimenti, export e occupazione), salvo le imprese attive, in moderata crescita netta. Pesa sul PIL soprattutto il calo dell’export del Mezzogiorno, che nei primi nove mesi del 2020 registra una diminuzione complessiva su base annua del 15,6%, contro il -12,2 del nel Centro-Nord; più marcata nel settore manifatturiero (-14% contro -10,8%), dove calano soprattutto i settori coke e prodotti petroliferi raffinati (quasi il 40% del Sud, contro il -35,4% del Centro-Nord), tessile e abbigliamento (-31,3% e -20,7%), mentre si registra una crescita dei prodotti alimentari, quasi tutta concentrata al Sud (+7,2%). 

Un timido segnale positivo proviene però dalle imprese attive, che nel terzo trimestre 2020 aumentano complessivamente di poco nel Mezzogiorno (0,7%, +12 mila imprese), ma anche sul piano qualitativo (più società di capitali e meno società di persone e ditte individuali). Gli aumenti si concentrano quasi tutti nelle costruzioni (+1,9%), probabilmente per impulso delle misure del Governo sulle ristrutturazioni edilizie (il 110%) e l’aumento degli importi degli appalti pubblici (quasi 9 miliardi di euro nei primi 10 mesi del 2020, rispetto agli 8,4 miliardi dello stesso periodo del 2019); meno rilevante la crescita delle imprese di trasporto e logistica (+0,5%), indotta anche dagli effetti diretti e indiretti dell’emergenza sanitaria.

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