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Accordi commerciali UE


20 gennaio 2020 - Nell’ultima Nota del CSC - Centro Studi Confindustria si rileva che acquistano un ruolo centrale i trattati commerciali preferenziali tra paesi. Gli accordi di nuova generazione investono un ampio spettro di rapporti economici: scambi di merci e servizi, investimenti e appalti pubblici, concorrenza, sovvenzioni e questioni normative.

L’Ue è la maggiore utilizzatrice di accordi preferenziali nel mondo (42 accordi attivi con 73 paesi). Tra i più importanti ci sono quelli con Corea del Sud (in vigore da luglio 2011), Canada (settembre 2017) e Giappone (febbraio 2019). Gli accordi hanno avuto un forte impatto positivo sulle esportazioni europee e, soprattutto, italiane. Secondo stime CSC, hanno generato una maggiore crescita delle vendite italiane in Corea del Sud di circa il 55 per cento (cumulato) nel lungo periodo e in Canada di quasi il 10 per cento in due anni.

L’effetto positivo in Giappone è già visibile ma ridotto, dato il breve periodo di applicazione dell’accordo. I trattati preferenziali hanno favorito l’export italiano attraverso sia un sostanziale annullamento dei dazi sia una riduzione delle barriere non tariffarie agli scambi. Secondo stime CSC, l’eliminazione dei dazi spiega circa metà dell’effetto complessivo dell’accordo con la Corea del Sud (cioè una crescita del 28 per cento dell’export).

Una parte rilevante dei vantaggi degli accordi deriva, quindi, dalla riduzione delle barriere non tariffarie, come standard di produzione, etichettatura dei prodotti, valutazioni di conformità, misure sanitarie, procedure doganali. Le performance migliori sono concentrate in alcuni settori strategici dell’export italiano, come alimentari e bevande, macchinari, abbigliamento, tessile e calzature. Particolarmente importante risulta la liberalizzazione degli scambi nel settore terziario.

Il livello dei servizi italiani forniti alla Corea del Sud e al Canada è aumentato velocemente e più che nel resto del mondo. In forte crescita il turismo e i servizi ad alta tecnologia. Le piccole e medie imprese, che rappresentano la maggioranza degli esportatori italiani ed europei (anche nei mercati extra-UE), sono tra i maggiori beneficiari degli accordi di nuova generazione, secondo le prime evidenze empiriche.

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