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Non si ferma la febbre del ghiaccio


Dalla fine dell’agosto 2015, il più grande ghiacciaio vallivo italiano il “gigante” dei Forni, nel Parco Nazionale dello Stelvio, non è più unitario ma si è spaccato in tre ghiacciai più piccoli - uno vallivo e due montani - con un collasso continuo del suo settore inferiore.

Il caldo dell’estate appena trascorsa, dunque, ha mietuto una vittima illustre ed è una perdita di non poco conto, considerando che la ricostituzione di un ghiacciaio avviene in tempi molto lenti anche con condizioni climatiche diverse dalle attuali, segnate dal susseguirsi di anni record per il caldo (il 2015 si avvia a essere il 14esimo in fila a battere il record di anno più caldo).

E non solo, l’analisi delle variazioni volumetriche avvenute negli ultimi 26 anni – dal 1981 ad oggi - ha evidenziato un rilascio idrico da parte dei nostri ghiacciai, considerando solo quelli delle Alpi Centrali, pari a 2000 miliardi di litri, l’equivalente di 800.000 piscine olimpiche e 4 volte il Lago Trasimeno.

Un fenomeno particolarmente preoccupante visto l’importante ruolo dei ghiacciai e della loro intensa fusione nel produrre acqua, soprattutto nel periodo estivo, utile a mitigare i periodi di siccità e cruciale per la produzione di energia idroelettrica. Sono questi i dati evidenziati dall’aggiornamento al Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani presentati nel corso dell’incontro organizzato alla Camera dei Deputati dall’Intergruppo parlamentare per il clima Globe Italia.

I dati areali più recenti del Catasto dei ghiacciai italiani, realizzato nell’ambito di un progetto sviluppato e coordinato dall’Università Statale di Milano, con la partnership dell’Associazione EvK2CNR e della società Sanpellegrino Spa e con il contributo scientifico del Comitato Glaciologico Italiano, sostanzialmente confermano una generale tendenza al regresso.

Infatti dagli anni Sessanta del XX secolo al primo decennio del XXI secolo è avvenuta una riduzione areale del 30% (da 527 kmq a 370 kmq), cui si è aggiunta un’ulteriore contrazione del 5% dal 2007 al 2012. La superficie glaciale persa è confrontabile con quella del Lago di Como ed è conseguente non solo al rimpicciolimento dei ghiacciai ma anche alla completa estinzione di quasi 200 apparati.

In particolare sono proseguiti i fenomeni tipici dell’attuale fase di intensa deglaciazione, cioè la frammentazione dei corpi glaciali (che porta ad un apparente incremento del numero di ghiacciai) e la modificazione tipologica (la transizione da grandi ghiacciai “vallivi”, che scendono cioè fino al fondovalle, a piccoli ghiacciai “montani”, che restano abbarbicati ai pendii più ripidi).

In pratica molti ghiacciai negli ultimi anni si sono frammentati in più tronconi, come il ghiacciaio del Lys, uno dei più grandi della Valle d’Aosta, ormai ridotto in tre-quattro unità minori, il ghiacciaio della Lex Blanche, anch’esso in Valle d’Aosta, il ghiacciaio della Ventina in Lombardia, il ghiacciaio del Careser e quello del Mandrone-Adamello in Trentino, la Vedretta Alta e il ghiacciaio di Vallelunga in Alto Adige, solo per citare i più noti.

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