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Avellino saluta Fiorella Mannoia


Ha scelto la città di Avellino per chiudere il suo lungo tour Fiorella Mannoia: la rossa nazionale che proprio nel cuore dell’Irpinia ha concluso un viaggio durato oltre un anno, un percorso musicale, nei teatri italiani ed europei, che l’ha portata in giro per le platee di mezzo mondo. Londra, Bruxelles, Zurigo, Parigi e, poco più di un mese fa l’Arena di Verona.
“Che avrebbe dovuto essere l’ultima tappa – spiega Fiorella - ma poi ho deciso di accettare l’invito degli amici di Avellino e così ho scelto di terminare qui il mio bellissimo viaggio che quest’oggi purtroppo finisce. Regalandomi però un bagaglio di emozioni, incredibili, e qualche nota di tristezza che, come sempre, arriva puntuale quando qualcosa di bello nella vita non c’è più ”. 
 Tutto era cominciato più di un anno fa: per festeggiare, insieme, i suoi quarantasei anni di carriera, tante sono le stagioni trascorse dal suo esordio a Castrocaro, ed il suo sessantesimo compleanno.
“Oramai gli anni sono quasi 61” – ricorda la Mannoia al suo pubblico - che sabato 10 e domenica 11 ottobre ha letteralmente riempito il Teatro Carlo Gesualdo di Avellino. Ed è proprio con i suoi fans che Fiorella ha ripercorso l’excursus della sua carriera discografica. “

Dovremmo stare qui sei ore - ha detto una delle interpreti più brave della musica leggera italiana, come sempre in grande forma sul palco - ma ho dovuto fare una selezione dei pezzi”. Ed ecco allora le sue hit più belle: da “Caffè nero bollente”, con cui si rivelò al grande pubblico a Sanremo nel 1981, ad “Amore Bello” di Claudio Baglioni.

E ancora, “Cercami” di Renato Zero e “Sempre per sempre” di De Gregori. Passando per “C’è tempo” di Ivano Fossati fino a “Quello che le donne non dicono” di Enrico Ruggeri. “Quando i più grandi cantautori italiani iniziarono a regalarmi le loro canzoni – ricorda la Mannoia - sentivo il peso dei testi che interpretavo, e così cantavo ferma sul palco, vestita come una suora laica con le pianelle ai piedi, come diceva la mia amica Loredana ( Bertè ndr). Finché una sera, vestita di rosso, in un teatro di Firenze, decisi di essere me stessa, ballando e scatenandomi sul palco. E fu un successo”.

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