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Le aziende del Nord Est di fronte al passaggio generazionale


Accettare e agevolare il passaggio generazionale è la priorità per le Pmi del Nord Est. Imprese per cui la trasmissione dai genitori ai figli è a volte una scelta naturale e a volte una strada obbligata – dati i costi insostenibili per potersi affidare a dei manager. Secondo uno studio di Pricewaterhouse Coopers (PwC) presentato da Confindustria Udine qualche settimana fa, quasi la metà delle imprese familiari si trova in fase di passaggio generazionale, ma solo il 25% degli imprenditori che hanno fondato un’azienda ritiene i figli sufficientemente preparati e motivati da poter salire al comando. Così, solo il 12% delle imprese arriva alla terza generazione. Su questo tema particolarmente importante per il tessuto economico del Friuli Venezia Giulia e del Nord Est, composto da un grandissimo numero di piccole aziende familiari, si sono confrontati recentemente Davide Boeri, presidente del Gruppo giovani di Confindustria Udine, Carlo Alberto Magon, consigliere del Gruppo giovani di Confindustria Udine e Alessandro Zuin, coordinatore editoriale del Corriere Imprese Nordest, che hanno partecipato come relatori al secondo incontro della quinta edizione di Єconomia sotto l'ombrellone incentrato sul tema “Alla ricerca dello spirito imprenditoriale” e svoltosi a Lignano Sabbiadoro. I relatori hanno individuato i problemi che ostacolano un passaggio generazionale che dovrebbe essere studiato, preparato e programmato meglio di come si faccia oggi. Anche perché è una necessità, come ha evidenziato Davide Boeri: «Per le Pmi italiane si tratta spesso di una strada obbligata, non di una scelta, perché visto il peso fiscale sugli stipendi che nel caso dei manager può arrivare al 60%, per molte imprese è semplicemente impossibile potersi affidare ai manager». I cambiamenti necessari per affrontare questa sfida? Il primo riguarda un intero ecosistema, ha commentato Alessandro Zuin «che non è favorevole alla nascita di nuove imprese e alla crescita di quelle esistenti a causa dei ben noti problemi dovuti alla burocrazia, alla tassazione, eccetera. Un’ulteriore questione ritengo sia quella legata alla formazione: in Italia esistono scuole, anche di eccellenza, orientate alla formazione manageriale, ma non esistono scuole di formazione imprenditoriale». Dello stesso parere Boeri, che ha notato come «I giovani che oggi frequentano le scuole purtroppo non vedono l’imprenditoria come un’appetibile prospettiva futura. Credo che ciò dipenda da diversi fattori, ma in primis da una scarsa informazione. Non è caso che sempre di più si parli della necessità di un'alternanza scuola lavoro». D’accordo Carlo Alberto Magon sulla cattiva rappresentazione del mondo dell’impresa spesso data dai mass media: «Se lo spirito imprenditoriale sta venendo meno credo uno dei motivi sia anche questo. A leggere i giornali sembra che ci siano solo problemi, che tutti debbano essere destinati a chiudere, a essere comprati dagli stranieri, e così via. È vero che il contesto italiano è difficile, ma ci sono molte imprese che vanno bene e che danno grosse soddisfazioni ai loro titolari».

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